domenica 25 novembre 2007

LO SPOSTAMENTO DELL'ASSE TERRESTRE E LA SUCCESSIVA CATASTROFE GLOBALE

In tempi remoti, un grande asteroide cadde sulla Terra, causando con l’impatto lo spostamento dell’asse terrestre di almeno 2000 Km e generando un cataclisma che sconvolse l’intero pianeta, e con violenti terremoti, terribili eruzioni vulcaniche, alluvioni, inondazioni immense e l’innalzamento dei mari.
L’evento è stato documentato scientificamente da numerose prove. Una prova per tutte: in Antartide sono state scoperti fossili vegetali che vivono solo in zone con un clima mite, ed essi sono risalenti ad un periodo in cui una causa esterna e inattesa ha determinato un cambiamento radicale, ghiacciando tutta la zona in poche ore. Nell'attuale zona polare artica sono stati fatti ritrovamenti analoghi e persino di animali che vivevano in zone temperate. Un disastro improvviso spiegherebbe anche gli animali provvisti di pelo, come i Mammuth, che sono stati ritrovati in zone polari artiche perfettamente congelati col cibo nello stomaco, come se la loro fine fosse avvenuta in brevissimo tempo.
Si potrebbe persino ipotizzare che tale catastrofe è sì avvenuta in poche lontane, ma in quell'epoche lontane già esistevano alcune civiltà umane, che realizzarono mappe che, ricopiate nei millenni, mostrano certe zone del pianeta prima della catastrofe.
La mappa di Oronteus Finoeus del 1513, che fu copiata da antiche mappe, mostra l’Antartide senza ghiacci e nella posizione prima della catastrofe globale, quando gran parte dell’Antartide non era ancora inclusa nel circolo polare antartico. Tuttavia, secondo alcuni quello non è l'Antartide.
Lo spostamento dell’asse terrestre provocò l’inclusione nel circolo polare antartico di almeno metà dell’Antartide, che prima invece si trovava in zone molto più miti. Difatti dall'analisi dei carotaggi effettuati nel 1949 è risultato che l'Antartide in epoche remote fosse divisa in due distinte parti e attraversata da fiumi.
Inoltre, parte della megafauna esistente all'epoca della catastrofe scompare improvvisamente in tutti i luoghi del globo terrestre in cui esisteva. Piante ed animali come Mammuth, tigri dai denti a sciabola, cervi giganti, scompaiono all’improvviso, da un giorno all’altro. Persino presso l’Artide ci sono fossili evidenti che dimostrano un immediato passaggio da un clima temperato a quello glaciale.
Infatti, terre come la Siberia e le isole artiche erano una vera e propria comunità ecologica con piante ed animali che vivevano solo in climi temperati e tropicali. Ma un evento improvviso decimò tutto questo, così come in altre zone del pianeta, dove si verificarono una drammatica estinzione di un gran numero di specie animali in tempi brevissimi. Lo stesso discorso per la Siberia può essere fatto per l'Alaska settentrionale, la Norvegia artica, l'Alaska settentrionale, la Beringia, tutte terre che avevano climi temperati prima della catastrofe globale, e dove vi erano flora e fauna che oggi ritroviamo in parte nell'Africa orientale.
E risalgono sempre alla catastrofe globale le infinità di animali le cui carcasse furono travolte da immani piene, portati per lunghe distanze, ammassate nelle gole dei fiumi e nei fondovalle, sepolti da una coltre di fango insieme ad alberi e piante. Anche molti massi erratici risultano trasportati da immani inondazioni.
Piante, ma anche animali come i Mammuth ritrovati nei ghiacci siberiani, testimoniano come la vita ai poli terrestri sia stata orrendamente e immediatamente sterminata da un freddo polare giunto all’improvviso. Persino il cibo nello stomaco di animali congelati, come i Mammuth, rivela che essi vivevano in zone miti, prima di morire improvvisamente congelati. D’altronde il repentino spostamento dell’asse terrestre avrebbe potuto spostare immediatamente zone temperate in zone polari.
Molti scienziati hanno scoperto ampie zone, ora sepolte sotto l'oceano, che fino a prima della catastrofe globale formavano dei veri e propri subcontinenti, come il caso del subcontinente fra la Siberia e l'Alaska, il quale abbondava di vita selvaggia, e il subcontinente della Beringia tra l'America settentrionale e l'Asia, anch'esso popolato di abbondante fauna che fu sterminata da un evento catastrofico.
Prima della catastrofe globale, il polo nord si trovava nella zona dell’attuale Canada orientale (che quindi si trovava al centro della zona artica) e zone come la Siberia erano molto distante dalla zona artica. Anche lo studio dell’anomalo sfasamento temporale delle calotte glaciali durante l’ultima glaciazione conferma questa situazione, soprattutto perché risulta che la calotta glaciale Canadese continuava ad esistere quando altre calotte, come quella europea, si erano in gran parte ritirate.
Per l’inverso, il passaggio di zone polari con ghiacciai immensi a zone temperate portò allo scioglimento di immense quantità di ghiaccio, come quelle che ricoprivano il Canada e dintorni, e quindi a un innalzamento consistente del livello del mare.
Infatti, una delle conseguenze del cataclisma globale fu anche la fine dell’era glaciale, almeno per come la intendiamo noi.
Si badi bene che prima dello spostamento dell’asse terrestre le condizioni climatiche erano differenti da quelle che noi conosciamo oggi, con profonde influenze sulle stagioni, che sono determinate dall'inclinazione attuale dell'asse terrestre, e questo spiegherebbe il perché delle strane leggende di molti popoli secondo cui in epoche remote non vi erano stagioni. Ma quest’asse terrestre subì un repentino e brusco spostamento, tale da fargli assumere la sua posizione odierna: 23° d'inclinazione sull’eclittica. Un'altra conseguenza dell'impatto dell'asteroide e dello spostamento dell'asse terrestre fu il sensibile rallentamento della velocità di rotazione terrestre, portando l'anno terrestre da 360 giorni a 365 giorni, e questo spiegherebbe perché i precisi astronomi di civiltà antiche del centro America, dell'Egitto e della Mesopotamia avessero calcolato la durata del loro anno pari a 360 giorni e non ai nostri 365 (i loro dati astronomici discendevano in buona parte da civiltà preesistenti).
Il grosso asteroide colpì la Terra in una zona marina, causando anche le famose inondazioni gigantesche che sono ricordate dalle tradizioni di tutto il mondo come il “Diluvio” o “Diluvio Universale” (e l'espressione Diluvio Universale è abbastanza esatta). Un caso precedente e più grave fu l'asteroide che 65 milioni di anni fa, cadendo nel Golfo del Messico, provocò l’estinzione dei Dinosauri.
Tuttavia è possibile affermare che l'asteroide che colpì la Terra in epoche più recenti non era un singolo blocco ma era composto di più blocchi. Infatti ci sono tracce evidenti di un corpo celeste frantumatosi durante la caduta sulla terra, dopo essere entrato in collisione con un altro asteroide. Frammenti di questo asteroide colpirono anche la terra ferma, tanto è vero che i crateri di questi impatti furono scoperti da indagini aeree del 1930 nella zona della Carolina del Sud, in cui risultano esistenti nella zona un'infinità di crateri di forma ellittica. Il frammento più grande di questo asteroide dovette cadere in un punto dell’oceano Atlantico a nord-est del Mar dei Sargassi, e provocò una serie di sconvolgimenti che devastarono il pianeta.
È stato possibile rilevare le tracce delle catastrofiche mega-onde originatesi dagli oceani come delle creste ad anelli concentrici, vicino ed intorno alle regioni polari. Ciò che di eroso ormai rimane, viene identificato come creste di archi murenici sviluppati parallelamente alle estremità di precedenti livelli di ghiacciai in ritiro. Quindi la direzione degli archi morenici può svelare un determinato punto d' origine per questi enormi movimenti. Tutti i punti iniziali di spostamento murenico non giacciono su montagne ma nel mare artico e nelle profondità della regione artico-centrale.
Quindi è possibile dire che quest'asteroide o la parte più grande di esso che colpì la Terra andò a cadere nel mare artico.
Un'altra traccia delle mega-ondate prodotte dall'impatto dell'asteroide sono i laghi del tardo pleistocene che ora non esistono più. A causa delle mega-ondate planetarie questi laghi sorsero quasi istantaneamente nel bacino del Mar Nero, del Mar Caspio, nel Mare di Aral, si formarono i laghi Yenesei e Masijskoe, grandi laghi apparvero in Dzungaria e anche in Mongolia.
Spiagge di tutto il mondo conservano tracce di quel momento catastrofico quando il livello delle acque oceaniche diventò improvvisamente considerevolmente più alto di quello attuale. Ritirandosi, le acque hanno lasciato terrapieni lungo le rive di tutti gli oceani, laghi e fiumi.
Altre evidenti e chiare tracce di mega-onde catastrofiche da questi centri, sono rappresentate da creste parallele che si estendono nell' Eurasia in un'area non inferiore a 10 milioni di km quadrati per una lunghezza da 5000 a 7000 km e una larghezza di oltre 1000 km.
Il solo spostamento immediato dell'asse terrestre generò una notevole differenza tra la velocità di spostamento dei fondali marini e quella delle masse d'acqua sovrastanti, tale da formare una gigantesca onda di marea in direzione opposta. Anche i Mari "interni" come il Mediterraneo generarono gigantesche inondazioni, tanto è vero che anche il Mar Nero fu invaso rapidamente da almeno un'onda di marea giunta dal Mediterraneo, facendo scomparire i villaggi costruiti lungo le valli che vi si affacciavano, solo recentemente riscoperti sotto 90 m d'acqua e risalenti proprio a quel periodo.
L’impatto con la Terra oltre agli effetti qui ricordati, provocò anche delle enormi fratture della crosta terrestre. Una di queste fratture è ancora visibile oggi nella Rift Valley africana: una fessura che si estende per oltre 4800 km dalla Siria al Mozambico, la cui larghezza varia da pochi chilometri a più di 160 km.
Risulta infine ovvio che qualsiasi civiltà umana esistente all'epoca di questo cataclisma globale sia stata distrutta. Tuttavia, sembra che ci siano delle tracce lasciate da queste civiltà, come dimostrano differenti reperti. Esaminiamo i tre casi più eclatanti.
Il primo caso è la carta geografica di Oronteus Finaeus del 1531 che fu copiata da antiche mappe a loro volto copiate da mappe antiche. L’Antartide presenta l’indicazione di pianure, montagne e fiumi, e non è coperta da ghiacci. Proprio il ghiaccio ha impedito fino al 1820 la scoperta dell’Antartide e solo dal 1949 si è incominciato a conoscere cosa ci fosse sotto la calotta ghiacciata antartica. Infatti le montagne, le pianure ed i fiumi dell’Antartide riportati da questa mappa così come erano configurati comparirono anche nello studio geologico del 1949, con il quale coincidevano. Ma una cosa ancora più sconvolgente di questa mappa è che l’Antartide si trova esattamente dove si sarebbe dovuto trovare prima del cataclisma globale. Tuttavia, secondo alcuni quello rappresentato non è l'Antartide.
Il secondo caso sono altre mappe geografiche antiche che mostrano l'Antartide libero dai ghiacci. La prima mappa da citare è lo sconcertante planisfero del 1508 attribuito al cartografo Francesco Rosselli, mostrante sorprendentemente l’Antartide più o meno come la conosciamo oggi, rappresentata addirittura con ampie zone di verde e perfino con l’apparente indicazione di siti notevoli e forse finanche di città. Non vi è nessun dubbio che tale carta sia stata copiata da carte geografiche originariamente redatte in un epoca precedente del cataclisma globale, quando l'Antartide era privo di ghiacci ed evidentemente abitato.
La seconda mappa geografica da citare è quella di Piri Reis del 1513, che fu tracciata sulla base di antiche mappe a loro volta copiate da altre antiche mappe. La carta geografica mostra l’Africa, il Sudamerica e quella che sembra una parte dell’Antartide con un’approssimazione di mezzo grado, accuratezza impossibile fino alle esplorazioni 1770, nonché fino alla scoperta dell’Antartide del 1820. La parte dell’Antartide è mostrata nella mappa senza i ghiacci, esattamente come doveva essere il continente antartico prima della glaciazione, e sono presenti strane anomalie. Infatti, il contorno della costa sud-americana e l’idrografia continentale disegnata sono coerenti con il paesaggio che doveva presentarsi prima della catastrofe globale. Inoltre viene riportata un’isola di grandi dimensioni, oggi sommersa, mentre le Azzorre sono molto più estese di oggi, evidentemente per il livello del mare in epoca glaciale. Lo studio della mappa evidenzia che essa faceva parte di un planisfero ottenuto attraverso una proiezione azimutale equidistante, centrata nei pressi del Cairo. Quindi sembra che la civiltà che disegnò la mappa originale risiedesse in Egitto.
Una mappa che mostra parti intere simili a alla mappa di Piri Reis, compresa la parte che sembra raffigurare l'Antartide, è il planisfero portoghese di Lopo Homen del 1519, probabilmente copiata dalle stesse fonti. Un'altra mappa da citare è del 1665, quando un prete gesuita tedesco, Athanasius Kircher pubblicò Mundus Subterraneus, un grosso libro che contiene la riproduzione di una antica mappa egizia di Atlantide, in cui purtroppo il prete gesuita mette Atlantide in una posizione sbagliata, troppo in alto, poiché interpreta male i riferimenti egiziani della mappa, come il fatto che per gli egiziani il nord era il sud, cioè la direzione in cui scorreva il Nilo. Il misterioso continente disegnato potrebbe essere l'Antartide prima del cataclisma globale. Esistono altri disegni antichi che mostrano terre ignote, come un disegno azteco detto "pannello Boturini" che mostra un'antichissima migrazione da un continente/grande isola ignota al continente americano. Secondo alcuni, tuttavia, su tutte le mappe prima citate non sarebbe rappresentato l'Antartide.
Il terzo caso sono le famose pietre di Ica, migliaia di pietre perfettamente lavorate rinvenute nel deserto di Ocucaje, nei pressi di Ica (Perù), che riportano incisioni sconvolgenti evidentemente provenienti da civiltà remote a noi sconosciute. Le pietre, che non sono dei falsi, mostrano esseri primitivi che interagiscono con vari tipi di dinosauri, che maneggiano oggetti tecnologici e che compiono operazioni mediche avanzatissime. Il loro mistero non è risolvibile perché sembrano mancarci delle informazioni fondamentali che permettano almeno di fare ipotesi sensate su queste antiche pietre.
Articolo del Dottor Pasquariello Domenico

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